Con il patrocinio della Regione Emilia Romagna

il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Ravenna, Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, Banca Popolare dell’Emilia Romagna e la collaborazione del Goethe-Institut Inter Nationes di Milano

di
HEINER MÜLLER

con incursioni di
EUGENIO SIDERI

in scena
ENRICO CARAVITA
FABRIZIO FERRACANE
EDIS LIVNJAK
STEFANO MINGUZZI

sguardi e scene
GIANNI PLAZZI

“sgadora” da guerra
CLAUDIO CARAVITA

regia
EUGENIO SIDERI

produzione
Lady Godiva – Santarcangelo dei Teatri

Uno dei temi più misteriosi del teatro tragico greco è la predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri. Non importa se i figli sono buoni, innocenti, pii: se i loro padri hanno peccato, essi devono essere puniti. E’ il coro che si dichiara depositario di tale verità.
(P.P. Pasolini, Lettere luterane)

Tutto comincia a Lemno. E tutto lì ha termine.

Un’isola, una delle tante isole che la Storia circonda, sbattute dal vento e dalle tempeste dei mari. Isola che trattiene, isola che obbliga, isola che costringe, isola dove anche il tempo ha deciso di fermarsi.

Come dieci anni fa, quando tutto è cominciato, quando i padri sono partiti per la guerra, la grande guerra, quella che c’è sempre e che non muore mai.

Da Lemno non si può scappare, da Lemno non è possibile vedere altrove: ciò che resta sono i ricordi di un passato, ricordi che diventano l’unica vera realtà quotidiana. Altro non c’è, perchè non succede niente. Restano solo i ricordi, perchè ormai anche la speranza sta svanendo.

Quattro giovani, sbattuti su Lemno, a scontare la colpa dei loro padri. Quattro “giovani infelici” (definizione rubata al primo capitolo delle pasoliniane “Lettere Luterante”), condannati per una colpa non loro, per una guerra più grande di loro, a stare lì, rinchiusi a Lemno, da dieci anni.

E la coincidenza della quotidianità, con le sue storie e i suoi ricordi che si armano di lenzuola di scope, di partite a pallone e di motociclette che sfrecciano nel vento, di tavolacci che diventano letti, muri e fortezze, la quotidianità dei quattro giovani si fa coincidenza tragica nel mito di Filottete.

Anche lui, da dieci anni, sbattuto su Lemno, anche lui costretto a pagare per una ragion di stato più grande di lui, incarnata da uno spietato Ulisse e da un inconsapevole Neottolemo.

Così i quattro giovani disegnano la tragica mappa del mio sofocleo attraverso le parole di Müller, andando ad alternare la loro storia con quella del mito, fino a confonderle, fino a smarrire i personaggi.

Tragiche coincidenze di morte. Ma non serve piangere, a Lemno tutto resta uguale, per i vivi e per i morti. “Procediamo dentro la nostra morte e prima o poi dobbiamo ubbedirle” dice Ulisse; non resta che giocare, giocare alla guerra e ai guerrieri, mettersi addosso i loro panni e assistere allo scontro tra Filottete e Ulisse.

Un gioco crudele ad attraversare la Storia per raccontare una storia.

 

Foto   Christian Contin

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