Per la prima volta in Italia  il dissacrante dramma fecale

di
Werner Schwab
traduzione di Umberto Gandini e Roberto Menin

con
Ciro MasellaMarco SannaEnrico Caravita

ideazione tecnica
Dennis Masotti

regia
Eugenio Sideri

produzione
Lady Godiva Teatro – Meridiano Zero  – “Tra cielo e terra” Festival di Montone

con il contributo
Comune di Ravenna – Assessorato alla Cultura, Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna

patrocinio
Regione Emilia Romagna

in collaborazione con
Goethe Institut– Mailand, Forum Austriaco di Cultura –Roma, Circolo S. Caterina-Montone

  1. Scrivo con la speranza della disperazione. Essere parte dell’umanità non significa altro che conoscere la disperazione.
  2. Ciò che mi attira nel teatro è il suo gigantesco anacronismo e la mia idea perversa di salvare il teatro: trasformare la lingua in vera carne umana… e viceversa.
  3. Le parole, date a prestito per scatenare l’evento teatrale, servono a soffrire, a vuotare l’anima e tutto quello che ci sta dentro: il corpo.
    Werner Schwab, Drammi fecali

Rassegna Stampa

Le presidentesse allestisce il testo bello, feroce e dissacrante di Werner Schwab, con i racconti e i sogni tragicamente divertenti di tre vecchie signore. La messa in scena lancia una doppia sfida: i tre ruoli femminili sono interpretati da tre attori.

Le figure, ai margini della società, rinchiuse fra le pareti di casa tra kitsch e miseria, sembrano veramente non poterci raccontare nulla se non i loro malanni, le piccole miserie quotidiane, le speranze svanite o il ricordo dei figli ormai grandi e ignari delle loro madri. Pian piano viene ad insinuarsi con ferocia la crudele realtà di miseria, alcoolismo, violenza e abbandono in cui le protagoniste vivono. Si scatena un turbinio di suoni, parole che cominciano a rivendicare vite che volevano andare in un altro modo. Ma così non è stato.

Repressione sociale, vincoli religiosi, fanno di queste signore un ritratto feroce del quotidiano, un momento di critica alle condizioni attuali di violenza subliminale e psicologica.
Solo i sogni, quelli ad occhi aperti, sembrano tenere in vita le eroine: tramite i sogni le tre cercano di sopravvivere, regalandosi le piccole gioie che la vita ha loro negato: un compagno, un amante, un buon profumo. Ma neppure i sogni alla fine riescono a sopravvivere. E si trasformano in un terribile incubo la cui unica via d’uscita è sanguinaria.
“La patria ideale  dei personaggi di Schwab non è la scena, ma il linguaggio […] le parole, date a prestito per scatenare l’evento teatrale servono a soffrire, a vuotare l’anima e tutto quello che ci sta dentro: il corpo”

Roberto Menin, Werner Schwab e i drammi fecali, Ubulibri

 

Dentro all’arena, in mezzo al circo dei gladiatori e delle belve, tre attori in una gabbia che potrebbe essere un palchetto da sagra paesana. L’addobbo è festoso, di quelle feste, però, ormai finite da  mesi. Come a ritrovarsi in mezzo a festoni natalizi in pieno luglio.
Siamo in teatro, e sul palcoscenico del teatro ecco un altro teatro, il palchettino, appunto, dagli addobbi festosi. E sopra tre sedie e un tavolo.

Uomini che recitano la parte delle donne, ma che restano uomini senza fare le donne. Attori.

E’ su questa scena della rovina, su questo palco-patibolo che sviluppano la loro condanna: obbligati a recitare, a dar vita a quelle figure senza perdere se stessi,  a raccontare la loro miseria per far godere il pubblico imperiale. Proprio quella miseria, dentro abiti dall’odore canceroso e ammuffito, li farà mettere a nudo, lentamente, facendo scoprire la loro vera miseria, la tragica condizione che li condanna, ogni giorno, a recitare la parte.

Che resta?
Il miracolo, lindo casto e puro. Il miracolo dell’oro e della merda. E un odore, nell’aria, di sangue umano.
Tutto il resto va a farsi fottere.
“Corriere della Sera” SPETTACOLI  MERCOLEDI  23 GIUGNO 2004

 

DRAMMA / Eugenio Sideri porta in Italia il lavoro dell’austriaco Schwab

Tre uomini per interpretare le “Presidentesse” del trash

[…] debutto italiano di un dramma comunque celebre: Le presidentesse dell’austriaco di Graz Werner Schwab […] L’anno dopo del drammaturgo stiriano, morto nel capodanno del 1994 a trentacinque anni per crisi alcolica, Ubulibri pubblicò i suoi”Drammi fecali”, il cui titolo suona come un programma e che si adatta alla lettera a Le Presidentesse. […] Perché Schwab insiste  sul nesso tra la merda e l’oro, che fa la sua apparizione in finale quando i sogni si librano come aureole sul capo delle tre povere disgraziate? Per Freud l’ironia è che tanto più alta è la sublimazione tanto più attiva è l’animalità morbosa rappresentata dall’oro, ovvero dal denaro, dal suo carattere anale. Per Schwab questa ironia si muta di colpo in tragedia: Erna e Grete ficcano la testa di Maria in un water e la eliminano dalla loro vita di nullafacenti. Non si può non ascrivere il “nero” di Schwab (ma anche la sua ironia) al clima austriaco, in specie a Thomas Bernhard. D’altra parte il suo maledettismo è fin troppo eccellente: lo tiene a distanza, ad un passo da sé; ma è sempre sul punto di scivolarci dentro, quasi se ne compiace. […] Non ho capito cosa ne pensi il giovane e bravo regista Sideri. Né ho capito perché le tre presidentesse (in democrazia ogni puliscicessi è re) siano interpretate da, per altro azzeccatissimi, attori maschi.  Nei ritmi e nei sarcastici toni Ciro Masella, Marco Sanna e Enrico Caravita  animano una sarabanda tanto festosa quanto luttuosa, con un’abilità tanto lodevole quanto enigmatica.
Franco Cordelli – “Il Sole-24 Ore” – DOMENICA 27 MARZO 2005

 

Deliri e preghiere per Schwab

« Ci vuole una notevole dose di coraggio per portare in scena Le presidentesse di Werner Schwab, e di questo va dato atto a Eugenio Sideri che ha affrontato il testo iperbolico e frastornante dell’autore austriaco contemporaneo, muovendosi con tutta quella libertà che è necessaria nel fare i conti con una scrittura così complessa, come dimostrava lo spettacolo in scena la settimana scorsa al Vascello di Roma. […]  Maria e le sue due amiche sono pie donne che parlano di fede, di speranza e di carità, facendosi il segno della croce a ogni minima allusione religiosa. Ai lati della scena vuota appaiono, non a caso, madonne di gesso e lumini vuoti, mentre una fila di lucine natalizie segna il limite della ribalta. […] Per questo il regista acuisce il grottesco squilibrato della narrazione affidando le figure femminili a tre giovani attori, accentuando così il lato kistch dell’immaginario di Schwab e rafforzando in questo modo l’imprecisione di quella corporalità, collocata tra preghiere e defecazione. E, seguendo il disegno registico, i tre interpreti Ciro Masella, Marco Sanna ed Enrico Caravita intraprendono impervi cambiamenti di tono, urlano, si abbandonano a grossolane movenze sensuali, esponendo il tentativo di descrivere una fisicità indescrivibile, spesso aggiungendo colori fumettistici, fornendo a quei volti un’aria caricaturale e ironica, scartando poi su toni acidi e ireali, puntando anche ai tratti cupi di un erotismo nevrotico. »
Antonio Audino

 

« […] Ed è appunto l’allestimento di Eugenio Sideri, in scena al Vascello, che permette di risolvere la critica quasi solo parlando di testo. La sua è un’opera estremamente matura. Una regia calcolata per sparire e essere al pieno servizio dell’autore. Uno spettacolo preciso nei ritmi e nei toni, in grado di esaltare la sintassi di Scwhab anche grazie alla grande prova dei tre attori, Ciro Masella, Marco Sanna ed Enrico Caravita che vestono i panni delle tre protagoniste. »
Gian Maria Tosatti  “Il Tempo” –  SPETTACOLI A ROMA –  GIOVEDì 24 MARZO 2005

 

Il consiglio teatrale 07/06/2004

Le presidentesse e Nerone: autodifesa di un mostro Rumori Fuori Scena – A cura di Laura Palmieri – con la collaborazione di Natascia Di Baldi –
Lunedi 7 giugno 2004, ore 23,00

Con questa puntata si chiude, per questa stagione, l’appuntamento settimanale di Rumori Fuori Scena. In questo periodo iniziano i festival teatrali, grandi e piccoli, famosi e appena nati, e di due spettacoli all’interno di queste manifestazioni si parla questa sera. Per il Festival Tra Cielo e Terra, che si svolge a Montone (PG), debutta in prima nazionale Le presidentesse, dell’autore austriaco Werner Schwab, scomparso giovanissimo dieci anni fa. Laura Palmieri intervista il regista Eugenio Sideri e i tre attori protagonisti, Ciro Masella, Marco Sanna, Enrico Caravita. In studio anche Giacomo Ricci, autore e interprete di un dramma in due atti sulla controversa figura dell’Imperatore Nerone, Nerone: autodifesa di un mostro, in scena al Teatro Comunale di Fiuggi. Le Presidentesse, sinora mai rappresentato in un teatro italiano (proprio Radio3 lo aveva realizzato nel 2000 con l’interpretazione di Mariangela Melato, Piera degli Esposti e Fiamma Izzo D’Amico, per regia di Cherif, all’interno di un ciclo dedicato alla drammaturgia contemporanea europea), in questa messa in scena di Eugenio Sideri lancia una doppia sfida: i tre ruoli femminili sono interpretati da tre attori, rispettivamente: Ciro Masella, Marco Sanna, Enrico Caravita. Le storie raccontate vanno a sbrogliare o forse imbrogliare la vita delle tre signore, mettendole a nudo. Pian piano va ad insinuarsi con ferocia e violenza, la crudele realtà di miseria, alcoolismo, violenza e abbandono in cui le protagoniste vivono. Si scatena un turbinio di suoni, parole che cominciano a rivendicare vite che volevano andare in un altro modo, ma che così non è stato. Nerone: autodifesa di un mostro e’ la ricostruzione storica del personaggio ”maledetto” interpretato da Giacomo Ricci, accompagnato dagli attori Diego Verdegiglio, Patrizia Lazzarini, Eva Pont, Luigi Mezzanotte, Selene Parisi. Durante lo svolgersi dello spettacolo, dice il regista, ”assistiamo alle ultime due ore di vita dell’imperatore maledetto. È il momento della verità. E poiché “nes-su-no” è disposto a difendere il Mostro, non resta che l’autodifesa: è uno dei principi fondamentali del diritto che regola la convivenza. Inizia “il” processo nei “processi”, per conflitto d’interessi. Principali protagonisti: Nerone, genio positivo, illuminista “riformista e sognatore”. Agrippina “golpista”, protagonista assetata di potere che rivendica come un diritto divino. Seneca “cravattaro”, maschera parlante, titano dal sapere mummificato”.

Foto: Dennis Masotti