Teatro in carcere (2016-2020)

Ritroviamo la misura
Non posso fare a meno di chiedermelo. Sarei sleale verso me stesso, e verso il mio gruppo di lavoro. Verso quelli dentro e quelli fuori.
A cosa serve fare teatro in carcere?
Serve forse a noi stessi, a quelli come me, che il teatro lo fanno di professione, così che ci sentiamo ancora partecipi di quella antica polis, e lei con noi? Ci serve per sentire che fare teatro è ancora qualcosa che ci aiuta a parlare con la società civile, e lei con noi?
Serve a loro, a far capire che sono in grado di fare altro, qualcosa che mai prima avrebbero immaginato?
Serve a sentirci migliori? Serve a migliorare?
Insomma, a che serve fare teatro?
E aggiungo: a che serve fare teatro dentro e pure fuori.
Perché questa è la domanda, a mio avviso.
Le possibili risposte, come ho accennato qualche riga fa, sono tutte valide. Sono centinaia. E sono tutte vere.
Perché fare teatro, specie oggi come oggi, serve. E ci fa bene. Dentro e fuori, a chi lo fa e a chi assiste. Attori e spettatori.
E allora, per un attimo, fa finta di… sì, dico a te, a te che mi stai leggendo… fai finta di essere in un teatro, e in scena, illuminato da un unico faro, un attore, che sproloquia queste parole…e le dice solo per te… :
“Concedetemi, signori del pubblico, un breve sproloquio, dettato dai luoghi comuni che circolano nei bar, nei caffè, tra i tavoli delle mense aziendali e tra quelli dei ristoranti, in fila al supermercato o in attesa del turno in farmacia. Concedetemi di raccontarvi che ormai non c’è più tempo, ormai non abbiamo più aria…che nel Mediterraneo ci sono pesci tropicali perché la temperature (tutte le temperature) si stanno alzando… e che il traffico lo smog il petrolio e poi la carne non è più carne e la verdura non è più verdura e non ci sono più le mezze stagioni e ai miei tempi sì che c’era rispetto e che bastano pochi clic e accedi alla piattaforma on-line alla chat al sito di incontri di scontri d’amore sesso compro vendo scambio le scarpe e il corpo, un bacio e l’automobile…affitto uteri e appartamenti al mare, incontro scontro svendo fondo coinvolgo gruppi di trekking amici della birra del fritto misto e poi vegani vegetariani cacciatori erbivori crudisti carnivori agricoltori camminatori scalatori venditori compratori… eccetera eccetera eccetera…
E poi, signori del pubblico, o se preferite potrei dire, signori della giuria, siate realisti, siate concreti, una volta per tutte: voi, voi qui presenti, non c’entrate. Non è colpa vostra. Voi siete assolti ancor prima di sedervi. Il dito è puntato altrove. E lì si scateneranno tuoni e fulmini e tempeste e alluvioni.
E divagazioni. Signori della giuria, lo so, sto divagando, ma ho perso la misura.
Quella piccola, che sta dentro una mano. La misura umana.
Pensateci: cosa può fare una mano? Dare una carezza e uno schiaffo, stringere e abbandonare, proteggere e schivare, indicare e trattenere. Può fare tutto e il suo contrario. Pensateci bene: sta nella nostra mano la misura delle cose. Concedetemi, signori del pubblico e della giuria, di ricordavi delle vostre mani, che da lì nasce la fatica del vostro lavoro, qualunque esso sia. È in quella piccola misura che succedono le cose. Noi, noi qua, sul palcoscenico, in un tempo di un’ora saremo già trascorsi e ce ne andremo. E voi mi avrete dimenticato. Ma le vostre mani resteranno con voi. E con voi la misura vera delle cose.
Grazie, signori e signore, grazie alla corte e ai cortigiani, grazie a tutti voi che mi date la possibilità di ricordare che, ancora una volta, il teatro esiste e vive di voi, e di noi. Il teatro succede come il mare, lento e inesorabile muove ciclico le maree, con la luna. E così il teatro non smette di ricordarci che vive incessantemente e necessariamente di quella misura così umana, così vera, così sincera. Il teatro c’è sempre e ci chiama.
Ecco a cosa serve. A rispondere alle nostre domande senza misura e a ridarcela. A ricondurci tra umani e non bestie. A respirare regole e saperi, odori e misteri, vizi e virtù.
E ora, per dirla con il Bardo inglese, vi saluto e chiamo il sipario a calare, o a salire…dipende da voi!
Se noi ombre vi abbiamo turbato, non prendetela male, ma pensate di aver dormito, e che questa sia una visione della fantasia. Non prendetevela, miei cari signori, noi altro v’offrimmo che un sogno, e della vostra indulgenza abbiamo bisogno…e se abbiam fallito vi prometto questo: che per fuggir le lingue di serpente, faremo assai di più, prossimamente. Se no, chiamatemi bugiardo e mentitore. Per ora buonanotte, signori e signore.[1]”
[1] Libero adattamento del monologo conclusivo di Puck nel Sogno di una notte di mezz’estate, di William Shakespeare.

Testi e Drammaturgia: Eugenio Sideri e Carlo Garavini
Regia: Eugenio Sideri
Chitarra: Andrea Fioravanti
Con: Carlo Garavini
In scena: Pietro, Fatjon, Francesco, Ekrem, Fall, Davide, Ekrem, Nicolas, Amir
Con la partecipazione del Liceo Classico “Dante Alighieri” di Ravenna: Roberta, Martina B., Giada M., Chiara, Giulia, Beatrice, Saskia, Asja, Matilde, Selena, Clara , Amelia, Giada B., Martina M., Samuel, Federica, Engji
Referente: prof.ssa Anna Laura Riccardo
Coro giovani Ludus Vocalis VB: Bianca, Caterina, Maria Concetta, Anna, Laura, Livia, Alice, Marta
Direzione coro: Elisabetta Agostini
Assistente alla regia: Enrico Caravita
Libertà va-n cercando, ch’è sì cara…
In scena: Corrado, Antonio, Aymen, Ciro, Pietro, Marco, Ernesto
Tutor Daniela Bevilacqua, Monica Faiella
Con la partecipazione del Liceo Classico “Dante Alighieri” di Ravenna: Sara, Francesca, Ilenia, Agnese, Giulia C, Clara, Giulia N
Docente coordinatrice : Prof.ssa Domenica Francesconi
con la partecipazione del coro delle voci bianche Ludus Vocalis
Direzione coro: Elisabetta Agostini
e con la partecipazione di: Carlo Garavini, Federica Rallo
assistente alla regia : Enrico Caravita
coreografia: Mariella Ciccarino
drammaturgia: Eugenio Sideri, Carlo Garavini
regia: Eugenio Sideri
Scenderemo nel gorgo muti
In scena: Andrea, Antonio, Ajack, Edo, Enxhi, Fabrizio, Matteo, Majid, Rafiqi, Taufick, Vanni, Riccardo, Erick
e con : Enrico Caravita
Con la partecipazione del Liceo Classico “Dante Alighieri” di Ravenna: Bertoz, Carlo, Giuseppe, Ila, Giò, Giulia G, Giulia N, Giulio, Sara, Livia
Regia e drammaturgia: Eugenio Sideri & Mario Battaglia
Collaborazione alla drammaturgia: Iacopo Gardelli
Assistente alla regia: Enrico Caravita
con la partecipazione del coro delle voci bianche Ludus Vocalis
Direzione coro: Elisabetta Agostini
SOFFIA!
Per correr migliori acque, alza le vele
Spettacolo conclusivo del laboratorio teatrale Sezione aurea, condotto presso la casa Circondariale di Ravenna e il Liceo Classico “Dante Alighieri” di Ravenna, con la partecipazione del coro delle voci bianche Ludus Vocalis, diretto da Elisabetta Agostini